DISABILITÀ, UN TERMINE SEMPLICE DA DIRE MA DIFFICILE DA VIVERE.
- Redazione
- Una lettera da
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Oggi giorno convivere con la disabilità, nella società in cui viviamo, è molto complicato!
Da quattro anni vivo tutti i giorni con essa attraverso mio figlio affetto da malattia rara. Non posso nascondere che alla sua nascita ci è caduto il mondo addosso. Dolore, tristezza, senso di colpa e molto altro, ma posso dire che la sua nascita è stata per noi una gran lezione di vita. Era lui che combatteva per vivere e ci dava la forza per andare avanti.
Piano piano sono iniziati ad arrivare i suoi primi traguardi ed è stato lì che ho capito la gran soddisfazione che mio figlio poteva darci. Lui, con tutti i suoi supporti necessari messi a disposizione, raggiungeva a modo suo, in maniera parziale o totale, tutte le tappe che ogni bambino avrebbe dovuto raggiungere. Questo ci rincuorava perché ci insegnava che il fattore tempo nello sviluppo di questi bambini è relativo, che noi genitori non dobbiamo intestardirci sul voler aderire agli standard di evoluzioni canonici, ma che dobbiamo imparare a stare nel “divenire”, assieme a loro, giorno dopo giorno.
Non è facile per un genitore. E’ un po' come prendere un sentiero di montagna al posto dell’autostrada per arrivare alla stessa meta. Tempi lunghi, fatiche, imprevisti, perseveranza sono solo alcune delle qualità che i genitori di questi bambini devono imparare in fretta a sopportare, senza mai perdere il sorriso di fronte ai loro figli che chiedono di essere supportati e tutelati al 100%.
Uno dei dieci diritti principali dell’infanzia e dell’adolescenza è il diritto all’uguaglianza, ma ciò di cui una persona diversamente abile ha bisogno non è l’uguaglianza con gli altri membri della società, ma l’equità. Credo fortemente in questo, perché mio figlio me lo sta insegnando ogni giorno: ogni bambino, se affiancato dalle giuste persone e con i giusti aiuti, può raggiungere molti obiettivi nella vita in termini di istruzione e di autonomia personale.
Ora mi sorge spontanea una domanda: le persone “abili” non hanno bisogno di aiuti e di supporti? E per “normale”, esattamente, a quale tipo di persona ci riferiamo?
Dovremmo tutti soffermarci a pensare un po' di più su questi termini perché ognuno di noi ha dei diritti e tali diritti dovrebbero essere sempre rispettati, ma con gran rammarico posso assicurarvi che così non è e che nonostante le leggi e le tante belle parole…. anche oggi, ci sono sicuramente tanti bambini e ragazzi che non sono potuti andare a scuola perché non assistiti correttamente, e quindi privati del loro diritto allo studio.
Concludo queste poche riflessioni con un augurio di forza e di coraggio a tutte le mamme e a tutti i papà che vivono e combattono per dare il meglio ai loro figli e per farli vivere serenamente tutti i giorni: la strada che vedete davanti a voi potrà provocarvi sconforto e preoccupazione, abituatevi dunque a vedere il presente fatto di piccoli miglioramenti ottenuti giorno dopo giorno, abituatevi a vivere nel rispetto delle caratteristiche di vostro figlio, che lo rendono unico come unici sono tutti i bambini, a prescindere dal nome della loro patologia, infine abituatevi a vedere le diagnosi solo come un punto di inizio, come lo starter ai blocchi di partenza ricordandovi che chi raggiunge il traguardo non sempre è il più forte, ma sicuramente è il più tenace!
A cura di una mamma Rosatese