GARIBALDI: UN EROE POPOLARE

    GARIBALDI: UN EROE POPOLARE

    Garibaldi, nonostante il trascorrere del tempo, è più che mai vivo nell’anima e nella fantasia di tutti noi anche ai nostri giorni.

    Effettivamente, è l’eroe più conosciuto del Risorgimento ed è facile capire il perché di tanta perdurante popolarità. In primo luogo, Garibaldi è stato un figlio del popolo, ha difeso gli oppressi, dimostrandosi generoso coi vinti e implacabile coi nemici della libertà. Egli combatté lealmente, si sacrificò al pari dei suoi limiti e non volle trarre nessun utile dalle sue imprese.

    In particolare, l’esordio del condottiero è ambientato nel 1849, a Roma, in difesa della giovane Repubblica. Quando i Francesi crebbero ulteriormente le loro forze, a discapito dei difensori della Repubblica ormai allo stremo, Garibaldi lasciò Roma tentando di rifugiarsi, con un piccolo esercito, a Venezia: si trattò però di un’impresa che non ebbe buon esito. Così, inseguito da tre eserciti, portò i suoi uomini, con una marcia conosciuta come il capolavoro dell’arte militare, sino a San Marino. Successivamente cercò di raggiungere nuovamente Venezia ma questa volta venne braccato dagli Austriaci. Nel tentativo di fuggire si mise in salvo in Toscana, dove le armate austriache iniziarono a pattugliare ogni strada e ogni sentiero in sua ricerca.

    Nel 1859, alla vigilia della Seconda Guerra d’Indipendenza, Garibaldi tornò ancora una volta al servizio della patria. Ai suoi ordini venne assegnata una piccola unità destinata ad operare in un settore di poca importanza. Tuttavia, durante una delle sue imprese, il Generale riuscì finalmente a sconfiggere gli Austriaci a Varese, a San Fermo.

    A seguito della cessione di Nizza alla Francia, nel rispetto della Pace di Villafranca, egli dovette però vedere la sua terra natale strappata all’Italia. Protestò quindi con tutte le sue forze e non abbandonò la causa italiana.

    L’anno successivo, partì per la Sicilia con la Spedizione dei Mille: era cosciente della difficile impresa alla quale stava andando incontro, ma non esitò ad affrontare la temeraria iniziativa. Così, nel giro di pochi mesi fece crollare il Regno delle Due Sicilie venendo acclamato dovunque come «il liberatore». Avrebbe potuto divenire il nuovo re, essendo amato alla follia dal popolo, ma lealmente consegnò l’Italia Meridionale a Vittorio Emanuele II.

    Nel 1862 cercò di liberare Roma partendo dalla Sicilia, ma venne bloccato sull’Aspromonte dai soldati italiani inviategli contro dallo stesso governo. Venne così imprigionato a Varignano, ma nel 1866 fu nuovamente in prima linea per la Terza Guerra d’Indipendenza. Nonostante il fronte operativo assegnatogli fosse limitato e non disponesse di una solida truppa, egli riuscì a vincere gli Austriaci a Monte Snello a Bezzecca, dando vita alle uniche vittorie italiane in quella guerra.

    Nel 1867 ripropose un altro tentativo per liberare Roma. I Francesi, però, bloccarono i garibaldini a Mentana e il Generale dovette abbandonare il territorio dello Stato Pontificio.

    Dopo qualche anno, tornato nuovamente in Italia, venne arrestato e condotto a Caprera.

    Nel 1870 corse in Francia per difendere la Repubblica aggredita dai Prussiani e riuscì ad avere la vittoria a Digione. Una volta crollata la Repubblica dovette però fare ritorno a Caprera, dalla quale era impossibilitato a muoversi ancora. Solo nel 1881, un anno prima della sua morte, gli fu concesso una rapida visita alle città d’Italia, acclamato dal popolo che lo aveva tanto amato. Morì nel 1882.

    A cura di Claudia Bernardi


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