“MA NON CAPISCI?”

    “MA NON CAPISCI?”

    Diciamocelo con sincerità, quante volte utilizziamo questa espressione quando ci rivolgiamo a qualcuno con lo scopo di sottolineare la mancata comprensione di una spiegazione piuttosto che di un ragionamento? Magari non ce ne accorgiamo, ma accade molto spesso e quando succede è particolarmente imbarazzante per l’interlocutore che si sente invalidato.

    Una frustrazione quindi per chi dovrebbe comprendere e per chi vorrebbe essere compreso.

    Questo articolo non vuole essere un trattato scientifico sulla comprensione, ma vuole solo avvicinare i genitori in generale ad una maggiore consapevolezza di questa abilità in modo che possano evitare il più possibile di colpire con parole inappropriate i propri figli, che spesso interpretano certe affermazioni come un attacco alla loro persona (Io non valgo! Io non capisco! Mia mamma mi dice che non ci arrivo nemmeno con un ascensore!) piuttosto che una osservazione mirata al momento preciso.

    I problemi di comprensione non sono necessariamente legati ad una cattiva lettura, come può capitare ad alcuni dislessici (Einstein era dislessico ma non soffriva di disturbo della comprensione!). Le difficoltà che le persone registrano nella comprensione sono legate sia al livello del quoziente di intelligenza, che alla capacità del cervello di gestire e compiere assieme una serie di attività nel minor tempo possibile per dare un feedback immediato. A titolo esemplificativo e non esaustivo cito alcune delle diverse abilità che sottostanno alla comprensione scritta. Cesare Cornoldi, De Beni, Gruppo MT nel testo “ Guida alla comprensione del testo” (1988) avevano individuato  ben 19 diverse abilità legate fra di loro che vanno, solo per citarne alcune, dalla competenza lessicale alla capacità di fare inferenze circa il significato delle parole in rapporto al contesto (Squadra di calcio è diverso da squadra da disegno), dal seguire la struttura sintattica del periodo, dal formulare ipotesi finché si prosegue con la lettura, dal sospenderle se non è chiaro qualcosa, dall’individuare personaggi, luoghi, tempi, dal seguire le sequenze dei fatti, dal collegare le idee, dal cogliere l’idea centrale, dal capire lo scopo del testo…..  Se a queste abilità aggiungiamo poi i disturbi legati alla memoria, capite bene che il discorso si fa serio e che la comprensione diventa l’ostacolo maggiore nel percorso di studi dei ragazzi. Comprendere richiede quindi la mobilitazione di una serie di abilità, processi e saperi che in maniera costruttiva e sinergica si legano tra di loro e consentono alla persona di pensare, agire, parlare e scrivere in maniera coerente al contesto del messaggio.

    Perché è importante comprendere e perché tutti gli attori legati all’educazione e all’istruzione insistono molto su questa abilità? E’ importante perché è un’esigenza dell’essere umano, perché permette alle persone di poter esprimersi, di poter interagire, di agire correttamente nel rispetto di se stessi e degli altri, di crescere come individui sia dal punto di vista personale che professionale, di essere soprattutto attori e non spettatori della vita, … di gestire certe emozioni come l’ansia o la paura che hanno il sopravvento quando non si capiscono bene le cose. Ci siamo mai messi nei panni di un ragazzo, ma anche di un adulto, con difficoltà di comprensione? Avete mai fatto caso come si comporta? Vi cito alcune frasi che i genitori mi raccontano e che “leggono” come scarso interesse da parte del ragazzo, quando invece è la mancata comprensione che entra in gioco e che fa assumere loro atteggiamenti di evitamento anche sociale e scarso interesse: “Non vuole che ascoltiamo il telegiornale perché dice che è noioso!”, “Io ho provato anche a fargli delle domande sull’argomento, ma mi dice che non gli interessa!”, “Se il papà tira fuori il discorso sul lavoro, mi dice che sono cose da grandi e va in camera a giocare”, “Dice che ha studiato tanto questo capitolo di storia, ma poi ha preso l’insufficienza”. Molte di queste affermazioni, se lette sotto un altro punto di vista, nascondono la propensione dei ragazzi ad evitare atteggiamenti imbarazzanti di fronte alle persone. Come dare loro torto? Ci vuole molta ironia per ammettere serenamente la propria ignoranza. I telegiornali sono noiosi perché usano un linguaggio sostenuto, perché fanno riferimenti a concetti, episodi o eventi dei quali i ragazzi magari non hanno mai sentito parlare o studiato e pertanto faticano a collegare il nuovo con le informazioni in loro possesso. Quante volte i ragazzi rifiutano di adoperarsi nell’apprendere qualcosa di nuovo, ma poi quando qualcuno li accompagna si appassionano, fanno domande e riflessioni proprie e magari alla fine ne fanno la missione della loro vita?

    Quello che vorrei comunicare ai genitori è la necessità di aiutare i ragazzi a non deresponsabilizzarsi dal curare la “comprensione”, perché se è vero che è un’esigenza per una sopravvivenza soddisfacente su questa terra è anche vero che non è gratuita e richiede uno sforzo che va supportato laddove i ragazzi sono più fragili e ancora legati al giudizio degli altri. Che cosa possiamo fare allora nel concreto? Impariamo a non colpevolizzarli se non sanno, ricordandoci che ognuno di noi ha la propria “enciclopedia personale” fatta di esperienze, ricordi, incontri, letture di libri, formazioni diverse che ci rendono unici, ma pur sempre incompleti; ricordiamoci che basta una parola mal compresa all’interno di un testo per compromettere la comprensione di tutto; facciamo fare loro esperienza diretta delle cose calando i contenuti sulla realtà (se in tecnica studiano la centrale idroelettrica, portiamoli sul posto a fargliela vedere); cerchiamo di usare un linguaggio ricco di sinonimi (una cosa non può essere sempre e solo “bella”, ma può essere anche graziosa, stupenda, incantevole, affascinante, armoniosa…); impariamo a spiegare il significato delle parole e non solamente il contenuto dei testi e pertanto alla domanda “non ho capito niente” chiediamo loro “quale parola ti blocca?”, così li educhiamo a capire il loro ostacolo e a non cedere ad una frettolosa richiesta di aiuto.

    “Se per correggere hai bisogno di umiliare allora non sai insegnare!”

    Vale per tutti, perché siamo tutti cittadini di una comunità educante

    A cura di Federica Comunello


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